Il secondo biennio rosso

Gli anni 1968-1969 videro le maestranze della Giordani coinvolte in numerose manifestazioni e proteste volte alla rivendicazione di migliori condizioni di lavoro e all’innalzamento dei salari.

Un importante sciopero generale, il 7 giugno 1968, fu predisposto dalle organizzazioni sindacali provinciali contro l’atteggiamento dell’Associazione degli industriali e del padronato, che non riconoscevano il ruolo del sindacato come ente negoziatore per i rapporti di lavoro degli operai. In particolare, alla Giordani la battaglia verteva sul problema del premio di produzione, sulla mancata regolamentazione del cottimo e sulla speculazione sull’orario di lavoro. Nel corso del 1969 furono diversi gli obiettivi conseguiti dai dipendenti della fabbrica, confluiti nell’accordo raggiunto nel giugno di quell’anno, che prevedeva – a partire dal 1° luglio successivo – un’integrazione al premio di produzione ed un minimo del 15% sul cottimo, la corresponsione di un premio di assiduità, il riesame delle qualifiche dei lavoratori ed il mantenimento dell’orario di lavoro settimanale a 44½ ore.

Nonostante la larga adesione ad alcuni scioperi – quello generale del 22 gennaio registrò solo 35 lavoratori entrati in fabbrica su circa 550 unità - le organizzazioni sindacali sottolineavano però che il motivo del mancato raggiungimento di una parte delle rivendicazioni avanzate risiedeva nell’insufficiente partecipazione delle maestranze alla vertenza, che non riuscirono così ad impadronirsi dei problemi societari, quindi a risolverli.

L’onda lunga delle contestazioni giunse a luglio 1970, quando una nuova piattaforma rivendicativa vertente sui temi delle qualifiche, incentivi, nocività e minori non venne accolta dalla direzione aziendale, che contemporaneamente cercò di rompere l’unità operaia.