Nuovi assetti proprietari, nuove rivendicazioni tra anni Ottanta e Novanta

Durante la vertenza Fiat del 1980, assurta agli onori della cronaca come la prima grande lotta italiana contro il declino industriale, i lavoratori della Casaralta s’impegnarono nella raccolta di fondi per gli scioperanti e presero parte direttamente alla mobilitazione, recandosi in delegazione davanti ai cancelli di Mirafiori.

Nello stesso anno, la Casaralta entrò a far parte del Consorzio Firema, nel quale confluirono anche le Officine Casertane, la Metalmeccanica Lucana, la Retam Service, le Officine della Cittadella, l’Officicina meccanica della Stanga e l’Ercole Marelli: nel 1993, la Firema Trasporti Spa (controllata per il 49% da Finmeccanica) riunì in un’unica società tutte le aziende del Consorzio. Un nuovo stabilimento vide la luce nel 1983, esito delle vertenze sulla salute e ambiente di lavoro degli anni Settanta: la Casaralta si specializzò nella produzione di veicoli a due piani (rimorchiate e semipilota) per le Ferrovie dello Stato.

Gli anni Ottanta furono scanditi dalle mobilitazioni nazionali contro l’abolizione della scala mobile, dal movimento degli auto-convocati, dalla fine dell’unità sindacale e della Flm. In quelle lotte, emersero nuovi quadri sindacali, che avrebbero guidato la battaglia contro la dismissione del decennio successivo. Iniziò a diffondersi una nuova consapevolezza dei rischi connessi all’utilizzo dell’amianto, impiegato ininterrottamente dalla fine degli anni Cinquanta alla fine degli anni Ottanta. Del 1993 è la prima relazione dell’Inail, che evidenziò la pericolosità delle lavorazioni di coibentazione, arredamento, modifica delle carrozze ferroviarie svolte alla Casaralta. Le attività di taglio, foratura, smerigliatura, sprigionavano polveri di amianto che si diffondevano nell’ambiente lavorativo determinando un elevato rischio di inalazione di fibre di asbesto. Nonostante nel 1991 fosse stato fissato per via legislativa una soglia oltre la quale c’era l’obbligo d’informazione/formazione per i lavoratori e sorveglianza a carico del datore di lavoro, risultavano del tutto assenti le forme di protezione individuale e collettiva, e mancavano informazioni sulla pericolosità delle lavorazioni.