Se nel triennio 1986-89 la Cognetex visse un periodo di ripresa, all’inizio del nuovo decennio si invertì la tendenza e lo stabilimento si trovò ad affrontare un periodo di grave crisi che lo condusse alla privatizzazione. Nonostante il governo e l’Eni continuassero a rassicurare i lavoratori, sostenendo l’inesistenza di una manovra di privatizzazione e che anzi era in corso la predisposizione di un nuovo programma industriale per la Cognetex, la preoccupazione aumentò, così come le indiscrezioni sull’invece sempre più probabile privatizzazione oppure sulla chiusura della fabbrica. Per questo motivo gli operai si organizzarono e rilanciarono scioperi, manifestazioni e assemblee aperte alle istituzioni e alla cittadinanza. La direzione intanto, tra aprile e giugno 1992, stabilì 7 settimane di cassa integrazione. Malgrado le promesse del governo e di Eni a fine luglio giunse la comunicazione dello smantellamento del settore pubblico meccano-tessile e della collocazione della Cognetex sotto il controllo della Sant’Andrea di Novara. Ma il timore per una imminente smobilitazione e chiusura aumentò; gli operai decisero così di scioperare e manifestare presso la stazione dei treni di Imola, occupando simbolicamente i binari per una decina di minuti. A settembre del ‘92 l’assemblea degli azionisti della Savio decise definitivamente per la privatizzazione della Cognetex; il Consiglio di fabbrica chiese di non svendere un patrimonio di capacità tecniche e di qualità, ma al contrario di approvare un piano industriale. Considerata la continua esclusione dei rappresentanti dei lavoratori dalle trattative, la mancanza di comunicazione e di chiarezza sul futuro dello stabilimento, il continuo rinvio di incontri programmati, gli operai decisero di scioperare il 10 novembre e bloccare via Selice all’altezza del casello autostradale.
A fine marzo 1993 la privatizzazione è definitiva: la Cognetex diventò di proprietà della Sant’Andrea di Novara che si impegnò a mantenere 362 lavoratori (rispetto ai 405 impiegati in quel momento e ai 517 di un anno prima), con la garanzia del Ministro del lavoro che non ci sarebbero stati licenziamenti e che gli esuberi sarebbero rimasti a carico dell’Eni-Savio. Se da un lato ci fu soddisfazione per l’accordo raggiunto, dall’altro rimase la preoccupazione per la sua mancata applicazione.
Gli anni 2000 segnarono il definitivo crollo dell’occupazione alla Cognetex di Imola. La fabbrica vide nel nuovo millennio l’alternarsi dei vari ammortizzatori sociali applicabili, dalla cassa integrazione ordinaria a quella straordinaria fino alla stipula di un contratto di solidarietà. Quest’ultimo è stato applicato nel 2009 a 68 dipendenti sui 72 totali, a seguito della ristrutturazione aziendale dovuta alla crisi del 2008, per evitare il licenziamento di 31 esuberi. Nel 2014 con una nuova ristrutturazione il marchio e l’azienda passarono a una newco formata da quattro azionisti; in quello stesso anno l’occupazione calò ulteriormente a 51 lavoratori. Con l’acquisizione dell’azienda da parte del gruppo francese Nsc nel 2019 i dipendenti erano più che 27, nel 2022 ne sono rimasti 6.