Verso il fallimento: le ipotesi speculative

Alla fine degli anni Settanta la Curtisa si trovò ad affrontare un aggravamento della crisi aziendale, rinvigorito dalle difficoltà produttive e tecnologiche, a fronte di un numero di addetti pari 208 unità.

Per sopperire all’assenza di liquidità si costituì nel 1979 un pool formato da 12 banche pronto a finanziare per circa 1 miliardo di lire il fabbisogno della fabbrica di Via Ranzani, posta in amministrazione controllata nel marzo dello stesso anno, in modo particolare per l’acquisto di materie prime, per garantire la continuità produttiva ed il pagamento dei salari. La formazione di questo gruppo, reputato dalle maestranze e dal consiglio di fabbrica come un provvedimento tampone e che di fatto non avrebbe aiutato lo stabilimento ad uscire dalla crisi, incontrò una resistenza da parte della Banca Popolare, parte del pool, non disposta a sostenere l’intera quota per essa prevista: manifestazioni e cortei operai spinsero l’ente creditizio ad erogare l’intera quota ad esso assegnata.

Alle spalle della crisi finanziaria vi erano, secondo alcuni spettatori coevi, finalità speculative che riguardavano il terreno sul quale lo stabilimento sorgeva. Già nel maggio 1979 le difficoltà attraversate dalla Curtisa non sembravano legate esclusivamente a fattori di carattere finanziario e tecnologico, ma indotte dalla proprietà aziendale – che nel frattempo aveva costituito una società immobiliare, la Same-Società anonima magazzini emiliani, titolare del terreno su cui insisteva la fabbrica – che in caso di fallimento avrebbero consentito alla Società immobiliare Ced, proprietaria dei terreni circostanti, di rilevarla a prezzo fallimentare, con il fine ultimo di costruire edifici previa licenza edilizia concessa dal Comune di Bologna. Quest’ultimo si disse restio a concederla finché non fosse stato edificato il nuovo stabilimento Curtisa nella zona industriale Roveri, intendendo così salvaguardare il patrimonio aziendale e occupazionale. Tuttavia Diego Cuzzani, titolare della ditta immobiliare Ced e presidente dell’Associazione degli industriali di Bologna attraverso una nota smentì interessi speculativi sull’area.