L’onda lunga delle contestazioni operaie iniziate nel 1968 giunse agli anni Settanta. Nel maggio 1971 cominciò un grande sciopero con una nuova piattaforma aziendale che rivendicava migliori condizioni di lavoro in fabbrica, la parificazione delle retribuzioni nella stessa categoria, la riduzione del numero delle qualifiche e l’inquadramento unico fra operai e impiegati. A ciò si aggiungevano punti nodali quali il cottimo, per cui fu chiesto un minimo garantito, e il premio di produzione. La piattaforma avanzata dalle organizzazioni sindacali fu rigettata dalla proprietà che, per rendere esplicita la sua intransigenza in vista di possibili agitazioni, già nei mesi precedenti la vertenza aveva ridotto il lavoro in alcuni reparti, portando fuori dalla fabbrica parte della produzione. Nel settembre successivo, a seguito di 60 ore di sciopero, si giunse all’accordo tra sindacati e proprietà, che prevedeva l’unificazione salariale, l’inquadramento unico per operai e impiegati, il riconoscimento di titoli di studio per il passaggio di categoria e la possibilità di ottenere qualifiche più alte per anzianità.
Nel dicembre 1973 venne predisposta un’altra importante piattaforma, incentrata “sulla mobilità professionale, sul superamento del cottimo, sul fondo sociale degli Enti locali (1%), sul consiglio di fabbrica e sul premio”. Si trattava però di conquiste parziali, poiché continuarono assemblee ed incontri per favorire il ritorno in azienda di quei tecnici qualificati, il cui lavoro era stato esternalizzato dalla Direzione fuori dalla fabbrica. Nel 1974 una nuova lotta conclusa dopo 87 ore di sciopero vide il raggiungimento di importanti conquiste, tra cui l’abolizione del cottimo, l’aumento del premio di produzione, il raggiungimento di un sistema retributivo basato su categorie, la riduzione della presenza reale sul luogo di lavoro a 7 ore e mezzo.
Nella seconda metà del decennio, però, complici la crisi del settore delle macchine utensili ed un’organizzazione aziendale non ottimale, emerse la difficoltà a collocare i propri prodotti sui mercati. Furono diverse le conquiste dei lavoratori durante la vertenza del 1977, tra cui: il pieno riconoscimento al consiglio di fabbrica del diritto di discussione e intervento sull’organizzazione del lavoro; la riorganizzazione della struttura commerciale, degli uffici di progettazione e programmazione; investimenti in nuovi macchinari; aumento salariale e miglioramento dell’ambiente di lavoro. Tuttavia queste non riuscirono a rilanciare le attività produttive e commerciali, andando incontro a difficoltà sempre maggiori.