La lotta per l’occupazione e per una nuova organizzazione del lavoro (1977-78)

Nel 1977 Carlo De Benedetti acquistò la Sasib dalla multinazionale americana Amf e la integrò nella Cir (Compagnie industriali riunite) holding industriale che aveva rilevato l’anno precedente. In quello stesso anno il consiglio di fabbrica elaborò una piattaforma molto avanzata in cui si rivendicava «il controllo e la discussione preventiva sul decentramento produttivo, la organizzazione del lavoro, la riqualificazione e riconversione produttiva, la formazione professionale nei reparti, l’applicazione dell’inquadramento unico ed inoltre nuova occupazione per i giovani e le donne». Ciò che il consiglio di fabbrica contestava era la volontà dell’azienda di avere mano libera nei processi di ristrutturazione; i lavoratori invece volevano non solo controllare quei processi ma avere un ruolo da protagonisti nell’organizzazione del lavoro. L’azienda si dimostrò subito intransigente, specie sul tema dell’occupazione dei giovani e delle donne, ritenute, queste ultime, incompatibili con i tipi di produzione della Sasib. Il consiglio di fabbrica decise così di prolungare, nel settembre del 1977, lo sciopero di 3 ore settimanali indetto in precedenza e inoltre cercò di allargare la lotta e “uscire dalla fabbrica” organizzando una serie di incontri con la cittadinanza e i diversi attori sociali (partiti, movimenti femminili e studenteschi) in cui discutere i punti della piattaforma. Queste iniziative sfociarono in una manifestazione davanti alla Sasib con i giovani disoccupati. Si denunciò allo stesso modo la scelta discriminatoria di non inserire in organico le lavoratrici donne. Il 3 febbraio 1978, dopo oltre 6 mesi dall’apertura della vertenza e 70 ore di sciopero, si raggiunse un accordo molto all’avanguardia, che pose al centro il miglioramento dei processi produttivi e l’innovazione nell’organizzazione del lavoro, che fece scuola a livello nazionale. Per quanto riguarda l’occupazione si stabilì l’assunzione di 30 unità, tra cui anche giovani al primo lavoro e 10 donne. L’accordo insistette poi sull’importanza dei livelli di qualificazione, da accrescere sempre più, attraverso un aggiornamento continuo della forza-lavoro, ma anche sulla necessità di far cooperare i lavoratori attraverso la formazione di squadre con all’interno la presenza di tutte le figure professionali interessate a quel tipo di produzione. Si cercò anche di integrare lavoro operaio e impiegatizio, rompendo così l’abituale divisione del lavoro.