La presa di coscienza del rischio amianto avvenne in un contesto già segnato dalla crisi produttiva che porterà alla chiusura dell’azienda. Nel 1992, furono annunciati 130 licenziamenti, poi evitati con il ricorso alla Cassa integrazione a zero ore. Nel 1996, ebbe inizio la lunga vertenza contro la dismissione della fabbrica. All’epoca, la Casaralta occupava circa 250 lavoratori, circa la metà di quelli impiegati nello stabilimento bolognese alla fine degli anni Settanta. A partire dal 10 novembre 1996, si susseguirono scioperi, agitazioni, incontri tra organizzazioni sindacali, rappresentanti delle istituzioni locali e nazionali, leader politici. La consegna di alcuni prodotti di punta della fabbrica bolognese (carrozze per l’Etr 450 e motori per l’Etr 500) venne bloccata dai lavoratori, che rivendicavano il diritto di conoscere il futuro dello stabilimento. La lotta si fece più aspra quando l’amministratore delegato di Firema comunicò la volontà unilaterale di chiudere l’azienda. La mobilitazione contro la dismissione della Casaralta varcò i confini della fabbrica e si estese sul territorio, con un’importante attivazione della società civile e delle istituzioni locali. L’ipotesi in discussione, creare un polo nazionale del trasporto pubblico a Bologna che facesse capo alla Casaralta e alla Breda-Meranini Bus, non trovò tuttavia i consensi necessari. La fabbrica venne occupata il 9 dicembre 1996: l’occupazione proseguì durante le vacanze di Natale, con la pacifica irruzione dei bambini dei dipendenti, e si concluse con l’assemblea del 14 gennaio 1997. Molti leader politici si recarono in visita, tra i quali Sergio Cofferati, Massimo D’Alema, Walter Vitali, Romano Prodi. L’accordo che portò alla fine della travagliata vertenza Casaralta e alla chiusura dello stabilimento fu raggiunto il 10 marzo 1998: dei 177 lavoratori ancora in servizio, 60 vennero assunti dalla Casaralta Componenti (definita “piccola Casaralta”), 20 dalla Breda Menarini Bus, i restanti furono accompagnati alla pensione o vennero tutelati in altre forme perché appartenenti a categorie protette.