La questione dell’ambiente e della salute del lavoro

Gli anni Settanta si aprirono con nuove manifestazioni, volte a raggiungere importanti obiettivi aziendali incentrati sulle qualifiche, il cottimo, la ristrutturazione dei salari e le migliorie degli ambienti di lavoro. Nel marzo 1971, operai e impiegati della Calzoni picchettarono la fabbrica e al termine di uno sciopero articolato della durata di 14 ore fu raggiunta un’intesa di massima tra le parti, che sancì un importante traguardo per le maestranze della fabbrica. Tra i punti più significativi vi erano l’abolizione del cottimo, la parità di paga all’interno della stessa categoria ed il riconoscimento del consiglio di fabbrica come organismo proprio dei lavoratori, cui spettava il compito di discutere i problemi che interessavano gli operai, tra cui anche quelli relativi alle condizioni ambientali e della salute delle maestranze.

In continuità con quanto operato da numerose altre realtà operaie della città, ed evidenziando l’insorgere di una nuova sensibilità verso questi temi, proprio le condizioni di lavoro e salute degli operai divennero un nodo sul quale si concentrarono le attenzioni del consiglio di fabbrica, che presto cominciò ad avviare indagini conoscitive in collaborazione col Servizio di medicina preventiva del Comune di Bologna. Sul finire del 1973, il contributo dei medici nelle assemblee dei lavoratori portò, quindi, alla definizione di richieste vertenti sulla salute e ambiente di lavoro.

Nel gennaio 1974 nella fabbrica erano occupate 710 maestranze, così divise: 545 operai e 165 unità tra tecnici e impiegati; tra questi ultimi, vi erano 10 donne. L’alto tasso di sindacalizzazione era evidenziato dall’alto numero di iscritti, 622, pari al 87.61%.

Due nuovi accordi aziendali, 1975 e 1978, trattarono rispettivamente la materia retributiva, i premi di produzione ed il lavoro in turno, da un lato, gli investimenti, l’ambiente di lavoro e i servizi, le richieste salariali e normative dall’altro.

Nel 1976 un’indagine all’interno della fabbrica evidenziò che, delle circa 800 maestranze occupate in uno stabilimento ad elevato tasso di sindacalizzazione, sul versante del tesseramento politico gli iscritti al PCI erano poco più di cento unità.