Dall’esercizio provvisorio alla chiusura definitiva

Allo scadere dell’esercizio provvisorio, nel 1985, il gruppo Valpa-Pronim siglò con la FLM un accordo, già valutato positivamente dai lavoratori, teso ad evitare il fallimento aziendale. La società ottenne la gestione della Minganti da parte del Tribunale di Bologna per i successivi tre anni e si impegnò a riassumere circa 200 lavoratori, oltre che ad implementare l’organico con altre professionalità assenti nella fabbrica. Tuttavia, il piano di ristrutturazione prevedeva che solo 50 lavoratori fossero in servizio, mentre gli altri erano destinati prima alla cassa integrazione per 30 mesi, poi alla Cig speciale per i successivi 2 anni.

L’azienda riprese quota, anche con la revisione produttiva di una linea di macchine utensili americane fabbricate dalla Motch, ma continuarono a destare grandi problemi la mancata assunzione degli impegni riguardanti la mobilità e la riconversione professionale dei lavoratori posti in cassa integrazione, su cui fortemente premevano Fiom, Fim e Uilm, mentre l’Associazione degli Industriali della Provincia di Bologna non prevedeva l’attivazione dei corsi di riqualificazione del personale che pure si era impegnata ad erogare sottoscrivendo l’accordo nel gennaio 1985 con la FLM e la Valpa-Pronim.

Il nuovo cambio societario, nel 1987, con l’entrata della Von Willer di Milano portò un’importante dote che avrebbe dovuto contribuire al definitivo rilancio della Minganti, che dal punto di vista produttivo si apprestava ad abbandonare la classica produzione di torni, frese e trapani, per far posto alla torneria a controllo numerico. Allora vi erano 120 lavoratori alle dipendenze, di cui 33 in cassa integrazione e due in aspettativa sindacale. Nel febbraio dello stesso anno, vennero annunciati i licenziamenti per questi ultimi, ritirati nel mese successivo a seguito di pressioni esercitate da Cgil-Fiom, Cisl-Fim e Uil-Uilm, le quali firmarono un accordo con la controparte industriale che prevedeva l’estensione della cassa integrazione speciale per altri 12 mesi. Questo fu accolto con favore dall’assessore provinciale all’industria Ciavatti, che presto riunì il Comitato Minganti per favorire il rinnovo della cassa integrazione.

Nonostante l’ingresso della nuova società e la produzione di nuovi strumenti, l’azienda non riuscì a trovare un solido posizionamento sul mercato andando incontro ad un lento declino, terminato con il definitivo fallimento.