La crisi degli anni ‘80

Fin dall’inizio del nuovo decennio, a marzo 1980, che le maestranze denunciarono i pesanti ritardi dell’azienda: non solo essa non era riuscita a stare al passo con l’innovazione tecnologica e con la progettazione, ma non era nemmeno riuscita a mantenere i livelli di qualità. I lavoratori denunciarono inoltre la volontà dell’azienda di mettere a rischio il patrimonio professionale della fabbrica; la finanziaria Bastogi, proprietaria dello stabilimento non investiva più in ricerca e, sostenendo di voler riorganizzare la fabbrica, la direzione aveva chiuso l’attrezzeria, l’ufficio tecnico officina e il centro meccanografico. A metà aprile giunse l’annuncio che la Sabiem era in vendita; il principale interesse dei lavoratori fu che venissero mantenuti i livelli occupazionali e che la nuova proprietà avesse rilanciato gli investimenti in progettazione e in sviluppo industriale. A preoccupare era la prassi e la regolarità con cui Bastogi stava liquidando le aziende e licenziando le maestranze; anche se appariva strano che ciò stesse avvenendo alla Sabiem che dopo la crisi tra il ’79-80 era in ripresa con i conti nuovamente in attivo. Nello stesso anno, 1984, cominciò la lunga vertenza per l’accordo integrativo aziendale che durò mesi, 60 ore di sciopero, sfociò in una grande manifestazione il 16 maggio 1985 e vide la presenza di decine di delegazioni di consigli di fabbrica delle altre aziende ai presidi davanti ai cancelli. Il 28 maggio si trovò finalmente un accordo. Intanto ad inizio anno la Sabiem era stata acquistata dalla multinazionale finlandese Kone Oy, che si impegnò a mantenere il marchio Sabiem, la sua tradizionale produzione, la rete di vendita, a non chiudere la fonderia e a dare nuovo impulso allo sviluppo dell’innovazione tecnologica. Le promesse non vengono però mantenute: in un momento di alta tensione per il rinnovo del contratto integrativo aziendale, nel 1989, che era stato raggiunto dopo 8 mesi di lotta e 80 ore di sciopero, la Sabiem decise a febbraio di vendere le fonderie Sabiem alla Fochi, azienda bolognese con lo stabilimento a Calderara di Reno. Il mese successivo le maestranze riuscirono però a strappare alla direzione un ulteriore accordo: dopo ben 97 ore di sciopero si convenne su un aumento di 105.000 lire riparametrate ai vari livelli, contro le 50.000 proposte dall’azienda, più una parte variabile tra 300.000 e 700.000 annui in base alla produttività dell’azienda. Nonostante la costante crescita nella seconda metà degli anni ’80, specie in termini di utili, ma anche per gli ordini e l’occupazione, la Kone Oy dimostrò negli anni che l’unica intenzione era quella di utilizzare il marchio Sabiem e assorbire la sua rete di vendita; ciò comportò, a partire dal decennio successivo, la crisi della fabbrica.