La crisi e la rifunzionalizzazione degli spazi

Gli anni 2000 segnarono la crisi della Sabiem che la portò alla definitiva chiusura nel 2008. Nel 2000 l’imprenditore Mario Basteghi guidò una cordata che rilevò la fabbrica; egli mantenne 120 dei 250 lavoratori. I restanti, secondo l’accordo, sarebbero dovuti rimanere in carico alla multinazionale finlandese nel ramo dei servizi e della commercializzazione. Sin da subito la Kone diede segni di disimpegno in quella realtà produttiva e di scarso interesse per l’azienda, se non per svuotarne la rete di vendita e assorbirne il marchio. La crisi cominciò nel ’97, quando i vertici aziendali annunciarono la perdita di 70 miliardi; 60 lavoratori vennero collocati in cassa integrazione e iniziarono a circolare voci in merito alla chiusura e alla vendita dello stabilimento. La crisi si accentuò e rimasero una sessantina di lavoratori; nel 2007 la fabbrica venne chiusa. Gli operai decisero così di picchettare la fabbrica, per evitare la vendita dei macchinari e chiesero con insistenza la dichiarazione di fallimento. Con questa sarebbe scattata in automatico la cassa integrazione e, con la messa all’asta dello stabilimento sarebbe potuto subentrare un acquirente e riprendere così la produzione. Intanto intorno agli operai Sabiem si mobilitarono diversi attori sociali che portarono la loro solidarietà: venero organizzate cene per raccogliere fondi da destinare loro, nel gennaio 2008 suonarono gli Skiantos al Palanord e il pastificio Corticella donò 12 chili di pasta a ciascun operaio. Fu proprio a gennaio del 2008 che venne dichiarato il fallimento; il sindacato raggiunse un accordo, di cui i lavoratori non furono pienamente soddisfatti, con l’immobiliare Raggi, che intanto aveva acquistato il terreno su cui sorgeva lo stabilimento: i proprietari si dovevano impegnare a fornire corsi di formazione per il periodo di mobilità e trovare un’occupazione agli operai. Nel caso fosse il lavoratore a rifiutare l’impiego dopo la formazione, a questo andrebbero 10.000 euro di indennizzo, se invece fosse Raggi a non fornire soluzioni adeguate al livello di professionalità la somma salirebbe a 25.000. In cambio i Raggi avrebbero potuto procedere con la costruzione sull’area, in cui sarebbero dovuti sorgere, dopo un’opera di bonifica, una zona residenziale, un’area verde e un parcheggio. L’operazione non andò in porto e in una parte dell’ex Sabiem sorse nel 2015 l’opificio Golinelli.