La lotta per la salvaguardia dell’occupazione: evitare il fallimento

I giorni compresi tra dicembre 1983 e gennaio 1984 furono particolarmente importanti per la salvaguardia dell’occupazione delle maestranze ancora impegnate nello stabilimento di Casalecchio di Reno (380 unità) e Bondeno (50), per le quali il pericolo della disoccupazione si faceva sempre più incombente. Il Tribunale di Bologna aveva infatti accolto la richiesta di concordato preventivo con cessione dei beni, cui sarebbe seguita un’asta per rilevare l’azienda e le proposte delle pretendenti non incontravano i favori del sindacato.

Presidi, assemblee e incontri tra il consiglio di fabbrica, la stampa, le istituzioni e le forze politiche locali si susseguirono - anche nei giorni di Natale, Santo Stefano e capodanno -  con l’obiettivo di sventare la chiusura dell’azienda nel gennaio 1984 e salvare il lavoro degli operai. Nel frattempo il Tribunale esprimeva le condizioni da soddisfare per ottenere in gestione lo stabilimento: il nuovo assetto avrebbe dovuto garantire l’occupazione minima di 240 lavoratori, impegnarsi a partecipare a gare d’asta per la parte mobile dell’azienda; l’affitto avrebbe avuto durata massima per due anni più uno. Mentre la situazione societaria sembrava vivere una fase di stallo, le maestranze continuarono le attività produttive all’interno degli stabilimenti di Casalecchio e Bondeno, in attesa della decisione del tribunale.

Il fatturato di 21 miliardi registrato nel 1983, nonostante l’assenza di una direzione, evidenziava le capacità positive della fabbrica sostenuta dal lavoro operaio e dall’impegno di venditori, confermando la validità della Giordani nel proprio settore. Presidi davanti allo stabilimento si alternavano giorno e notte e a marzo 1984, dei 359 operai in forza alla Giordani, 310 furono collocati in cassa integrazione a 0 ore, mentre i restanti erano impiegati per compiere l’inventario. Durante la primavera di quell’anno la paura di una liquidazione aziendale da parte del Tribunale di Bologna si fece sempre più forte, mentre le iniziative di lotta operaia – coadiuvate per quanto possibile dall’Amministrazione comunale di Casalecchio di Reno - tentavano di ostacolare la procedura fallimentare. Nel maggio 1984 vi fu però un cambio di rotta: alle iniziali rigidità mostrate dalla Azzurra baby, seguì un importante accordo firmato dalla stessa e la FLM con l’avallo del Tribunale, attraverso il quale nessun lavoratore sarebbe stato licenziato. La nuova società otteneva l’affittanza dello stabilimento di Casalecchio e si impegnava a trovare compratori per quello di Bondeno; inoltre attivava gli strumenti previsti dalla legge per alleggerire l’organico, come la cassa integrazione speciale, prepensionamenti, contratti di solidarietà e mobilità esterna. Nonostante un aggravio a carico dei lavoratori, che videro una diminuzione delle paghe e l’aumento del loro concorso alla mensa, l’obiettivo di salvaguardia dell’occupazione fu raggiunto.

Prese così avvio un nuovo corso aziendale lontano dalla proprietà della famiglia Giordani.